Gli Shunga spiegati da Paolo Campione, direttore del Museo delle culture di Lugano. Trascrizione riassuntiva di due video su Youtube (Fondazione Mazzotta).
Gli Shunga spiegati da Paolo Campione da Lugano
Paolo Campione
Gli Shunga rappresentano un genere che affonda le sue radici in una più antica cultura cinese, da cui il Giappone prese spunto nei secoli successivi, genere presente nell'arte del Giappone fin dall'XI sec. attraverso pittura su carta,che conosce la maggiore fioritura nel XVII sec., sotto la dinastia Edo, in cui si afferma una classe borghese mercantile che detiene il potere economico, ma non quello politico, in mano ai feudatari.
I rappresentanti di quella classe scelsero allora di investire i loro capitali in una dimensione edonistica . Si assiste ad un moltiplicarsi di spettacoli teatrali, manifestazioni artistiche, ad una compiuta ricerca del piacere, anche fisico, che i rappresentanti di quella classe andavano a cercare nelle case da tè delle "città senza notti".
In questo contesto gli Shunga diventano il mezzo descrittivo di questa dimensione esistenziale , espressione di una realtà concreta e materiale che contraddistinse un'epoca, dall'inizio del '600 fino alla fine dell'800, nonchè un modo per prendere in giro il potere.
Il percorso espositivo dell'esposizione milanese tocca i 4 grandi capitoli storici del genere e il tema della fortuna successiva dell'immagine erotica giapponese.
La prima parte dell'esposizione si sofferma sui cosiddetti primitivi fino al 1760 c.a. in cui si passa da una raffigurazione semplice, monocromatica, ad una più complessa grazie all'invenzione della tenica che permette la sovrapposizione delle matrici, in una corsa al perfezionamento che vede la nascita di numerose scuole, come quella dei Kasukawa , degli Utagawa, che si specializzano in una visione più leggiadra , armonica,composta i primi, più contrastata, cromaticamente vivace i secondi.All'interno di questa competizione che vede il Giappone della seconda metà del XVIII sec. come palestra per giovani artisti da cui emergeranno personalità di grande spessore come Hokusai e Kiyonaga.
In esposizione una pagina molto importante i visitatori potranno averla con Shunchō, che ci ha lasciato un vastissimo campionario di opere d'arte, oltre 43 tra album e libri, che coprono tutto l'immaginario collettivo erotico giapponese del tempo, opere composte semplici che si soffermano anche sugli aspetti più minuti della cultura giapponese.
La terza sezione corrisponde alla fioritura di quello che è considerato il più grande artista del genere,Utamaro,celebrato come grandissimo incisore, come pittore, come artista a tutto tondo che fece innamorare l'arte europea del 900 .
E' un uomo che vive quotidianamente l'esperienza ed il clima del mondo fluttuante delle case da tè, lo incarna dal punto di vista ideologico sia nella sua vita personale che nella sua espressione artistica, che è una sorta di inno all'equilibrio, al movimento trattenuto, è il tentativo di trascendere l'opera d'arte semplificando nei tratti il complesso delle rappresentazioni in gioco.
L'ultima parte dell'esposizione è dedicata al periodo che segue Utamaro e che corrisponde grosso modo alla seconda metà del XVIII sec. e alla prima parte della prima metà del XIX sec., è un periodo contraddistinto da colori molto più vivaci,da forme in movimento, da una ricerca di pathos, di contrapposizione, da un modo che non soltanto nelle sue forme ma anche nella sua concezione si è improvvisamente accellerato , che porterà da lì a poco all'apertura del Giappone al rapporto con gli altri paesi del mondo .
E' un Giappone che si presenta all'uscio della contemporaneità , dopo il terribile esordio, con un carico di idee ancora medioevali ma che di quel medioevo ha già superato in pieno le forme per cercare di esprimere in maniera autonoma il modo di rappresentare la propria vivacità ed i propri contrasti.
Il genere non si ferma al 1867, al termine del periodo EDO , prosegue per almeno 20 o 30 anni sia con l'arte di alcuni epigoni importanti che riprendono i temi tradizionali dello Shunga e ce li rappresentano con un liguaggio più moderno ed equilibrato, già fortemente influenzato dal realismo occidentale, sia con artisti che con un linguaggio nuovo riprendono i temi antichi.
Tra questi abbiamo in esposizione 4 splendide opere di Hashiguchi Goyo, unanimemente considerato il più grande artista giapponese del suo tempo, in cui le linee semplicissime e le forme sinuose riassumono in pochissimi tratti l'esperienza artistica e culturale di tre secoli.
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