Creatura dolce e forte, appassionata e severa : Benedetto Croce 1943

Creatura dolce e forte, appassionata e severa, Irene agli occhi di Benedetto Croce.
Infine tratta anche la questione del famoso quadro attribuito in passato a Tiziano.
I problemi di attribuzione erano risolti da tempo ( ne parlerò in un' altra pagina):

La vivente realtà di questa bellezza nelle parole di Atanagi
Creatura dolce e forte, appassionata e severa




Occhi Maghi


D'Irene di Spilimbergo si conserva un ritratto, che passava per opera di Tiziano, a lui assegnandolo il Vasari e di un ritratto che Tiziano le aveva fatto o doveva fare accennandosi nelle rime. Ma ormai è provato che esso è opera mediocre per fattura di Giovan Paolo Pace, con qualche ritocco di Tiziano . E non solo artisticamente quel ritratto è stato abbassato, ma anche nei rapporti della figura che rappresenta, negandosi, sul documento di esso, la bellezza che i contemporanei lodarono della Irene.

Semplicità di giudici poco intendenti, i quali ignorano o dimenticano che le impressioni di bellezza che ci vengono da una persona non consistono nè si rinchiudono negli astratti lineamenti corporei, ma nascono dall'unità della creatura vivente, che parla, guarda, si muove, ed è anima che esegue la sua dolce musica con lo strumento del corpo e trasfigura e idealizza il corpo stesso, che fa tutt' uno con l' anima.
L' iconografia delle donne che hanno suscitato passione e devozione d'amore lascia, assai spesso, come delusi appunto perchèl' incanto della loro bellezza non era nei loro lineamenti statici e in riposo, e l' artista non ha saputo con geniale intuizione farlo sentire, oltrepassando la riproduzione più o meno materiale.

Ritroviamo la vivente realtà di questa bellezza,
non nel dipinto del Pace , ma nella parola dell' Atanagi:

Oltre a tante e così egregie bellezze d'animo, di sopra accennate, era anche bella di corpo, e tanto amabile e graziosa nel volto e in tutti i movimenti della persona, che era quasi impossibile l'uomo l'incontrasse per istrada e non si fermasse a contemplarla, lodando tra sè la beltà e le grazie che da ogni parte apparivano in lei. Era di statura mediocre  ma per quello che mostravano le parti soggette all'occhio, formatissima di tutto il corpo. Aveva il volto ben misurato, pieno d'una certa venustà e d'un sangue così dolce e benigno ch'era soavissimo a contemplare.

Gli occhi poi, parte più nobile e più bella del corpo suo, erano per grandezza, per colore, per vivacità, per dolcezza di spiriti, per incassamento, e così per ombra procedente dalla lunghezza delle palpebre, tanto ben elementati e posti, che da loro scendeva meraviglioso diletto: da' quali mandando quasi da accesa face alcuni raggi amorosi ne' cuori de' riguardanti, moveva loro il sangue e li rendeva disposti a ricevere e conservare per lungo tempo l'immagine del volto suo. Onde spesso l'era detto ch'ella aveva"   gli occhi maghi ".

Questa forza degli occhi suoi era molto ben conosciuta da lei perchè quasi sempre li teneva ben aperti e accompagnandoli con certo suo dolce riso procedente da bellissima bocca, li reggeva con maestà insieme onesta e soave, usando la libertà del volgerli verso ciascuno, con portamento della persona grave e con l'abito onesto che ad un tempo stesso la facevano conoscere per donzella bellissima, graziosissima, onestissima e per le sue singolari qualità degna di esser moglie di principe. 

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Source:OJS La Sapienza|Le riviste di Benedetto Croce Online|La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da Benedetto Croce Vol 41 - 1943 -cap.XIX|Irene da Spilimbergo






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